di Anna Zaltieri
Cosa si prova a riprendere a correre dopo 7 mesi di fermo per infortunio?
Non posso parlare per gli altri ma posso dire cosa provo io.
Tanta paura anzi diciamo pure terrore.
Di cosa?
Beh di ricascarci, di riacutizzare il dolore.
Umano e comprensibile ma non ammissibile se si vuole avere successo nella ripresa.
Quindi bisogna buttarsi.
E letteralmente fregarsene dell’ansia.
Così pian piano si risorge.
Il fattore più romantico?
L’emozione.
Come riabbracciare un’ amica che torna, tenerla stretta e carezzarla.
Sapere di aver continuato a lavorare per guarire, essersi rimessi in gioco.
Avere scardinato vecchie certezze costruendone di nuove.
Avere aperto le orecchie ai consigli ed averli interiorizzati davvero cancellando dal vocabolario podistico la parola superficialità che frena ogni progresso.
E poi, un tendine è mica solo un pezzo di corpo, è anche alimentazione, mente e sentimento.
L’ho detto già che la corsa insegna l’umiltà, l’infortunio ancor di più.
Mi ha ricordato che sono limitata e mi ha riconfermato che la corsa è la mia vita e che la posso vivere anche da ferma sostenendo i miei compagni.
E’ come se ognuno di noi tenesse in mano una candela accesa, tutti insieme diamo luce alla squadra, più si cura il proprio moccolo più il gruppo brilla.
La mia fiammella l’ho voluta mantenere ardente anche se ogni tanto il buio è calato sull’umore.
Il Signore mi ha affiancato persone generose ed appassionate che hanno vissuto i miei spasmi, le mie debolezze, le mie euforie, i miei tentativi.
Persone che non mi hanno mai lasciato andare, che nonostante i rimproveri mi hanno costantemente tenuta per mano.
E’ difficile stare accanto ad un infortunato per la corsa perchè chi lo è, diventa a tratti bisbetico a tratti testardo, a volte patetico e nei momenti peggiori pure lamentoso.
A questo punto, sembra assurdo che io lo dica ma non cambierei una virgola di ciò che è stato perchè in questi mesi ho imparato più di quanto potessi fare in anni.
Su me stessa e sugli altri, su chi si è speso davvero per me.
Qualcuno ha scritto una frase delicata che così recita: “Quando sei triste, un amico ti apre il cuore e vi getta manciate di luce”.
E di luce io ne ho ricevuta molta in questa lunga pausa.
Quando calava il buio qualcuno accendeva il lumino ed io riprendevo spirito e positività.
Alcuni abbracci dati con affetto vero mi hanno strappato dallo scoraggiamento, semplici ma sincere pacca sulla spalla mi hanno rischiarato l’umore.
E così tra alti e bassi sembra che sia tornata in opera.
D’ora in poi altra salita.
Riprendere la forma e la facilità di corsa e poi rimettersi al lavoro per snellire le velocità ma per la mia testolina da podista è tutta salute e felicità e non vedo l’ora!
Qualcuno potrebbe dire .. beh ma c’è di peggio dell’ infortunio!
Chi corre lo capisce bene che questo sport è metafora dell’esistenza umana, tornasole di debolezze ed inadeguatezze personali.
Chi descrive il nostro cammino sulla terra spesso utilizza la similitudine della maratona.
Affrontare la corsa con tutto ciò che vi gira intorno è come vivere, i successi sul campo riflettono i successi nella vita.
Chi non ha carattere nella vita non l’ha in corsa.
La corsa guarisce molto di noi stessi, essa viaggia in parallelo con le nostre azioni quotidiane, le influenza.
Essere runner migliori, rende persone migliori e con migliori non intendo più veloci…