di Anna Zaltieri
Correre è lo sport più bello al mondo, senza costrizioni di orari nè palestre è l’attività che più fa sentire liberi. Un podista, se fosse abbastanza malato da farlo, potrebbe infilarsi le scarpette alle 2 di notte ed uscire per strada.
La corsa richiede oltre all’abbigliamento giusto, una volontà di ferro e tanta, tanta passione. Perché questo sport o lo si odia, o lo si ama come dice il mio Mister. Le vie di mezzo non ci sono. Tagliare il traguardo di una gara stravolti per aver dato tutto, correre 20 km in un anello di sera al freddo, sbranare una pista in 1500 mt, questo ed altro ci fanno sentire dei guerrieri, ci fanno sentire più forti, degli Highlanders, insomma fa stare bene..anzi benissimo.
Prima o poi però un podista si infortuna e questo capita a tutti, chi più, chi meno perché le sollecitazioni del gesto di questo sport sfogano il sovraccarico in infortuni più o meno gravi. Spesso non capita di botto ma ci sono segnali di avvertimento che si fa finta di non sentire, da scellerati podisti mentiamo penosamente a noi stessi inventandoci qualche frottola per continuare i nostri allenamenti. Così più si va avanti più le cose peggiorano fino al momento in cui… tac dobbiamo fermarci per forza perché il dolore acutizza tanto da lasciarci inermi.
Primo pensiero, se non corro divento matto.
Secondo pensiero, non ce la posso fare a rimanere fermo.
Terzo pensiero, sto fermo due giorni poi riprendo.
Quarto pensiero, chiamo tutta la troupe medica della rubrica del cellulare per farmi infilare in un buco e farmi rattoppare … impresa ardua visto che Fisioterapisti ed Osteopati sono sempre affollatissimi da altri insensati runners!
I giorni seguenti ci trasciniamo come zombie al lavoro, i colleghi ci guardano in faccia e capiscono subito che non corriamo. La tristezza ci attanaglia. A casa invece di parlare, mordiamo.
Poi ci sono i masochisti come me che vanno a salutare i compagni di squadra all’allenamento, vederli girare nel campo… una tortura! Un pugnale nel cuore farebbe meno male ma almeno sto con loro e respiro quello che per cause di forza maggiore mi manca.
Arriva poi un momento per quasi tutti in cui un po’ di buon senso si affaccia nel nostro cervello atrofizzato da ripetute, fartlek e lunghi. E allora si realizza che stare fermi è la cosa migliore e che uno stop potrà rendere ancora più solida la nostra testa.
E’ quando si è infortunati che si prende coscienza di quanto questo sport faccia parte del nostro essere, la corsa è un pezzo di noi come un cuore pulsante e doversi fermare fa molta paura perché senza quel cuore riusciremo a vivere?
Essa riempie per tutti, nessuno escluso, uno spazio dell’anima, che siano sofferenze, solitudine, insicurezze o paure. Grazie a lei i piatti della bilancia della vita si pareggiano, tutto sembra tornare in ordine, un’uscita serale ha il potere di far concludere una giornata in positivo.
Per questo è così difficile accettare di non poter godere del buon umore che questo sport ci regala. Ma la corsa come in una maratona, ci tempra anche a resistere ed a non mollare fino alla fine. Così a me stessa e a chi non può correre adesso dico: stringiamo i denti ragazzi perché poi risorgeremo più forti!