Inizia qui la mia rubrica. Pensieri che vanno oltre il racconto delle gare e delle imprese. Una rubrica anonima cui fa riferimento solo una firma.
El profugo…
Prima puntata.
“L’ASSENZA”
La corsa mi piace, devo proprio dirlo, mi piace correre, anche senza sudare. Nel senso che corro con l’immaginazione. La fantasia si nutre di ricordi e di speranze, di esperienze passate e di prospettive atletiche per così dire, attualmente irrealizzabili.
L’assenza alle corse perdura, ma l’interesse alle imprese dei falegnami e delle gelatine pervade le mie pause, i miei spazi, in cui mi assento per essere presente nell’assenza.
Giochi di parole, astrusi meccanismi fonosimbolici.
Non mi è mai piaciuto gorgogliare nel brodo della filosofia, tantomeno nella filosofia della corsa, a cui bisogna dare pratica, se no che pratica sportiva è? La passione deve esprimersi in azione, in gambe che girano, in piedi che spingono, in cuore che pulsa, in pance che brontolano, prima della gara per l’agitazione e dopo, per la famelica voglia di reintegrare.
Nell’assenza impongo alla quotidianità alcune regole che ho metabolizzato correndo: rilassa le spalle, guarda dritto davanti a te, mai indietro, mai in terra, datti obbiettivi continui da raggiungere, resisti!
Intanto resisto nella faticosa ripresa, nel rincorrere con piacere atleti che fino a poco tempo fa ti stavano dietro minuti e minuti. Consapevole che non è importante ritrovare la velocità, ma la voglia di godere correndo, correndo davvero!
Cercando di colmare l’assenza mi faccio promessa di rivestirmi d’atleta perché l’assenza è una brutta bestia, non ti fa vivere il presente (per forza, non ci sei…), ti fa rimanere attaccato al passato e ti proietta come un razzo nel futuro. Atleta che suda, che corre e rincorre, atleta del cuore perché è il cuore, il motore che conta, sia nella vita che nella corsa, la quale non è altro che metafora della vita.
Ora vi lascio, metto le scarpe e qui ed ora mi faccio una corsetta…
A presto…
El profugo…